Illustrazione antica

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Illustrazione antica

L’illustrazione antica è plasmata dalla fissità segnica dell’incisione, ma anche dalla freschezza dell’improvvisazione grafica desunta dall’affresco. Il suo fascino ipnotico deriva dall’esplicita raffigurazione di cose già viste nella materia più opaca della pittura e dall’intensità del riconoscimento immediato che agisce anche quando l’illustrazione ha una matrice visionaria, perché in essa domina comunque la dipendenza forzata dal testo scritto.

Fino all’inizio del Novecento l’illustrazione si distingue dall’incisione creativa coeva per la sua diversa funzione, visualizzare i contenuti del testo, ma anche e soprattutto per la lucida consapevolezza dell’illustratore di non essere un ricercatore di forme nuove e di operare con un materiale visivo già consumato in altri contesti, ed è significativo che proprio nel Quattrocento, in prossimità del cambio di paradigma che ha introdotto la diffusione massiccia delle xilografie e della stampa, l’illustrazione abbia assunto un rilievo così importante (v Libri).

L’illustrazione radicalizza questa sua specificità soprattutto con le 2.885 incisioni realizzate dal 1751 al 1765 per l’Encyclopédie da Louis Jaques Goussier e da altri illustratori e incisori: nella tavola con il Mulino per la laminazione (foto), disegnata da Lucotte e incisa da Bénard, la fredda impersonalità dell’esecuzione tecnica provoca un effetto non voluto di perturbante anomalìa che unifica ogni cosa raffigurata in una materia oscuramente asettica.
E’ una forma inquietante di registrazione passiva del mondo che rinuncia alla raffinata sensibilità romantica di un autore come il geniale seicentesco Stefano Della Bella, eppure la specificità dell’illustrazione è proprio in questo raffreddamento della percezione, che non segue le modalità poetiche delle pittura e del disegno, e neanche quelle dell’ossidazione estrema del segno presente nell’incisione, per adeguarsi ad una lettura priva di accentuazioni che ha comunque il suo innegabile fascino.
E’ interessante notare che il frontespizio dell’E, con l’allegorica Verità scoperta, era, paradossalmente, pienamente barocco, un involontario promemoria dell’estetica che il Settecento illuminista stava abbandonando: la materia addensata di questa immagine barocca riduce tutto a forme viventi mentre, al contrario, le tavole dell’E che seguono quel frontespizio scansionano il mondo in perturbanti forme raggelate e inerti.

I testi
1967. Sapienza figurata. 234 incisioni dal 1457 al 1718; testi di S. Brant (1457-1521) e P. Maccio ( Sec. XVI-XVII) e incisioni di G.M. Mitelli (1634-1718). Un documento della varietà di stili che caratterizza l’arte destinata al popolo, da non confondersi con l’arte popolare. La raccolta di illustrazioni del libro è esemplare per lo snodo tra la professionalità media del 1400-1700 e la cultura popolare: c’è lo schema contratto dell’anonimo autore delle xilografie per la Nave dei folli (Stultifera Navis, 1498) di Sebastiano Brant (scuola di M. Wolgemut, Hans Pleydenwurff, affine alle illustrazioni per il Cavaliere di Turn, 1493, Basilea, secondo il curatore del volume); c’è la massa fluida e discorsiva delle illustrazioni librarie del 1500-1600 con le incisioni di Agostino Parisino (Bologna, 1625-1636) su disegno del carraccesco Florio Macchi, che estendono al primo Seicento lo stile corsivo dei pittori e degli illustratori del tempo di Sisto V; e poi c’è il linguaggio fluido e irruente della fine del Seicento di Mitelli.
2008.
1971. Paolo Toschi, Renato Penna, Le tavolette votive della Madonna dell’Arco, Di Mauro Editore, Napoli. Magnifica raccolta di ex voto, frutto dell’arte popolare autentica.
1973-1974. Marcel Brion, Quattro secoli di surrealismo. L’arte fantastica dell’incisione. Strumento indispensabile per riflettere sul significato dell’illustrazione antica.
1974-79. E. Booth-Clibborn e Daniele Baroni, Il linguaggio della grafica.
1077-1979. Mario e Massimo Bonfantini (a cura di), Antologia dall’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. Raccolta delle stupefacenti illustrazioni settecentesche dell’A.
1980. R. Philippe, Il linguaggio della grafica politica. L’osmosi tra forme semi professionali e forme popolari.
1988. Paola Pallottino, Storia dell’illustrazione italiana (Nuova ediz. agg. 2010). Strumento corporativo del tutto privo di riflessioni critiche.
1992. A.Carosi, G.Ciprini. Ex Voto del Santuario della Madonna della Quercia (Viterbo) con il ‘Libro dei miracoli’(1619-1624). Nel volume, accanto agli ex voto viterbesi, che sono magnifiche illustrazioni genuinamente popolari, c’è l’impressionante raccolta di acquarelli del libro che riproduce le scomparse statue in cera del santuario: una nota sottolinea, con la sterile puntualizzazione che si riserva sempre agli artisti autenticamente popolari, il modesto valore del dipintore locale Vincenzo Panicate, che nelle sue drammatiche figure monumentali mostra invece lo stesso fascinoso tratto fluido e sconnesso dei pittori di ceramica dell’epoca.
2006. Piero Frati, G. Panessa, O. Vaccari, Livorno, dalla città ideale alla città reale. Antiche stampe dal XVII al XIX secolo. Una magnifica pubblicazione di stampe antiche, ma anche una commovente e straniante percezione della città in cui sono nato.

Vasi comunicanti. Le forme dell’illustrazione, Esteticità.

Un involontario falso ottocentesco

Illustrazione da Camille Flammarion, L’Atmosphère: Météorologie Populaire,1888 (con e senza la cornice decorativa)

La xilografia ottocentesca di gusto neorinascimentale con la scena di un uomo che si affaccia all’universo sforando la calotta del cielo è stata edita nel 1888, ma è stata pubblicata a lungo come una sorprendente fantasia cinquecentesca; ma la cornice liberty della tavola, omessa da chi ancora oggi la pubblica come antica, contribuisce a chiarire l’equivoco.
Nella xilografia Flammarion è del tutto assente la cosmologia dantesca permeata di neoplatonismo: forando la calotta aristotelica delle stelle fisse si accede ad un caotico universo totalmente privo di forma geometrica, incoerente con l’idea dantesca, ma anche e soprattutto con i risultati della Fisica contemporanea. E’ evidentemente il retaggio di un generico romanticismo liberatorio che amava forse pensare ad una emozionante frontiera da attraversare per respirare la freschezza di un inesistente spazio privo di limiti e di vincoli.
La frequente riproduzione dell’immagine a corredo di testi scientifici dimostra che il suo fascino continua a ingannare.

Alexandre Koyré, Dal mondo chiuso all’universo infinito, 1957.
Edizione Feltrinelli del 1970-1988 (Biblioteca Righi)

Nell’edizione Feltrinelli (1970-1988) del testo di Koyré del 1957 la falsa xilografia antica è in copertina ad illustrare erroneamente il tema del saggio.
Secondo la didascalia si tratterebbe della ‘Raffigurazione primitiva del sistema del Mondo, da una incisione del Quattrocento c.’

La xilografia Flammarion colorata nel 1998

Ed è interessante notare che la colorazione della xilografia F realizzata nel 1998 ha esteso ulteriormente l’equivoco iniziale mostrando un mondo chiuso riscaldato dalla luce del sole e contrapposto ad un universo caotico esterno che è invece buio, freddo e desolato, quindi ancora più lontano dall’idea dantesca di sfera superiore interamente materiata di luce accecante e di calore.

Xilografia da Sebastiano Munster, Cosmografia universale, Basilea, 1552

La xilografia della Cosmografia universale di S. Munster (1552) è stata indicata come generico modello per la xilografia F, ma nell’incisione cinquecentesca è del tutto assente l’idea di uno spazio caotico che sarebbe visibile oltre la calotta delle stelle fisse aristoteliche.